Lettori fissi

lunedì 5 febbraio 2024

La carta da parati gialla di Charlotte Perkins Gilman (Barbara di Fiore Editore)

Molti e molti lettori l’hanno chiesto. Quando il racconto uscì per la prima volta, sulla rivista New England Magazine del 1891, un medico di Boston inviò una protesta a The Transcript. Una storia del genere non doveva essere scritta, disse; avrebbe fatto impazzire chiunque l’avesse letta. Un altro medico, in Kansas credo, scrisse definendola la migliore descrizione della pazzia incipiente che avesse mai visto, e – perdonatemi – se fossi stata lì? Ora la storia della storia è questa: per molti anni ho sofferto di un grave e continuo esaurimento nervoso tendente alla malinconia – e oltre. Durante il terzo anno (più o meno) di questo disturbo mi sono recata, in fede e con qualche timida speranza, da un noto specialista in malattie nervose, il più noto del paese. Quest’uomo saggio mi mise sul letto e applicò la terapia del riposo, con la quale il mio fisico ancora in forma rispose così prontamente che egli concluse che non c’era nulla di grave in me, e mi mandò a casa con il solenne consiglio di “vivere il più possibile una vita domestica”, di “dedicare solo due ore di vita intellettuale al giorno”, e di “non toccare mai più la penna, pennello o matita” finché avessi vissuto. Questo nel 1887.

RECENSIONE

Oggi voglio parlarvi del libro “La Carta da parati gialla”. Si tratta di un breve racconto che descrive la capitolazione della protagonista nella follia. Il libro tiene incollato il lettore alle pagine sia per l’audacia del tema sia per la scorrevolezza.

“Per molti anni ho sofferto di un grave e continuo esaurimento nervoso tendente alla malinconia – e oltre. Durante il terzo anno (più o meno) di questo disturbo mi sono recata, in fede e con qualche timida speranza, da un noto specialista in malattie nervose, il più noto del paese. Quest’uomo saggio mi mise sul letto e applicò la terapia del riposo, con la quale il mio fisico ancora in forma rispose così prontamente che egli concluse che non c’era nulla di grave in me, e mi mandò a casa con il solenne consiglio di “vivere il più possibile una vita domestica”, di “dedicare solo due ore di vita intellettuale al giorno”, e di “non toccare mai più la penna, pennello o matita” finché avessi vissuto. Questo nel 1887. “

Il breve racconto della Gilman è straordinario, ci riporta in un’epoca che sembra lontana, ma con una tematica ancora estremamente attuale. La protagonista viene descritta come un essere debole e malato, senza un’anima. Era solo una donna, sofferte e depressa. Nulla di più.

Stupendo da leggere assolutamente. 

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